Numerosi studi dimostrano che l’attività fisica migliora il benessere psicologico, il nostro modo di gestire lo stress e le funzionalità mentali (come la capacità di prendere decisioni e quella di pianificare e la memoria a breve termine), riduce l’ansia e promuove una sana regolazione del sonno. L’evidenza dei test clinici dimostra che l’esercizio può essere utile per curare la depressione. Nelle persone più anziane, l’attività fisica può contribuire a ridurre il rischio di demenza e dell’insorgere del morbo di Alzheimer.
Se lo sport migliora lo stato psicologico dell’individuo, allo stesso modo la psicologia, intesa come scienza, se applicata in maniera sistematica e definita, può contribuire a migliorare l’approccio allo sport da parte del giocatore, dell’appassionato, del tecnico nonché sviluppare una mentalità vincente e sicura da parte dell’atleta. Di seguito descriviamo:
1- Nascita e sviluppo della psicologia dello sport
2- Gli scopi della psicologia dello sport
3- Mental Training
1- Nascita e sviluppo della psicologia dello sport
La psicologia dello sport è una disciplina giovane che si pone come punto di incontro tra ricerca scientifica ed applicazione nel settore; il suo bacino di utenza è costituito principalmente da allenatori, dirigenti, atleti, arbitri, medici dello sport, tecnici, e da tutti coloro che operano ad ogni livello nel campo dello sport. Il suo esordio ufficiale è avvenuto al primo Congresso Mondiale sulla psicologia dello sport, tenuto nel 1965 a Roma e curato dal professor Ferruccio Antonelli, fondatore e attuale presidente onorario della SIPsiS, Società Italiana di Psicologia dello Sport.
La psicologia dello sport, nata come corrente di pensiero in cui sono confluite diverse discipline (come la psicologia del lavoro e delle organizzazioni, la psichiatria, la medicina, la sociologia, la pedagogia e l’educazione fisica), si pone come obiettivo la comprensione a 360° dell’uomo e del suo essere atleta, analizzando i processi e le conseguenze mentali dell’attività fisica e sportiva nei diversi contesti competitivo, educativo, ricreativo, preventivo, riabilitativo, della disabilità, ecc…
Negli ultimi anni l’importanza di questa disciplina ha acquistato sempre maggiore dignità e importanza, anche perché, nello specifico, essa analizza i processi mentali e gli effetti della pratica sportiva direttamente sulla persona, e il suo fine è il conseguimento del benessere e della salute per favorire l’incremento della prestazione sportiva o la serenità nell’affrontarla. L’obiettivo di massimizzare il potenziale umano nel campo della prestazione sportiva, per aumentarla e sostenerla, ha oggi una forte e positiva implicazione per la società in generale, e sta diventando una legittima attività della comunità psicologica. La psicologia sportiva si è sviluppata nel momento in cui ci si è resi conto che l’allenamento mentale, inteso come parte integrante della preparazione atletica, poteva rivestire importanza determinante ai fini della buona riuscita della prestazione sportiva, come dimostrato da numerose ricerche in laboratorio e sul campo.
2- Gli scopi della psicologia dello sport
Essendosi sviluppata, nel corso degli anni, una concezione di allenamento «multimodale» (lo studioso dello sport Rainer Martens fu uno dei primi a sviluppare tale teoria), il lavoro dello psicologo dello sport è diventato molto vario e comprensivo di una serie di attività, atte a migliorare e facilitare l’impiego ottimale delle forze, aumentare le capacità concentrativa, migliorare i processi decisionali utili negli sport di squadra, aumentare la capacità immaginativa, elevare la coesione di gruppo e ridurre l’ansia da prestazione attraverso tecniche di rilassamento e training autogeno.
Schematizzando, ecco quali sono gli scopi della psicologia sportiva:
→ Migliorare la prestazione sportiva - Questo lo scopo più comune che porta allenatori, atleti e dirigenti a richiedere la consulenza di uno psicologo dello sport. L’uso di un programma di preparazione psicologica centrato sul miglioramento della concentrazione e sull’insegnamento di strategie di mentali efficaci spinge l’atleta a porsi in una condizione pre-gara ottimale e tale da favorire l’affermarsi di una prestazione agonistica corrispondente alle sue capacità effettive. L’acquisizione di fiducia in sé alla ricerca di una propria stabile autostima, è la vera chiave della motivazione e accresce le sue probabilità di avere successo.
→ Gestire lo stress e la paura agonistici - La pressione competitiva può derivare dalle aspettative dell’allenatore o dei genitori così come dalle aspettative dello stesso atleta. Imparare a gestire lo stress agonistico è importantissimo per conoscere le proprie reazioni e sviluppare al massimo la capacità di gestire efficacemente i momenti di forte tensione fisica e psicologica.
→ Permettere ragazzi di vivere lo sport in maniera positiva - Le organizzazioni sportive che si occupano di attività giovanile trascurano spesso l’aspetto psicologico dell’allenamento, della gara, dell’integrazione tra compagni di squadra e delle problematiche relative all’integrazione sociale. La consulenza dello psicologo dello sport per formare/aggiornare i loro tecnici sportivi favorisce la realizzazione di programmi adeguati alle esigenze di sviluppo dell’autostima e delle competenze psicosociali, cognitive ed emotive dei giovani.
→ Formare gli allenatori e i dirigenti sportivi - Oggi la figura dell’allenatore è molto diversa da quella del passato; prima ancora di essere un preparatore atletico, esso, soprattutto davanti ad un’utenza giovane, deve assumere un ruolo educativo. Un allenatore autorevole (ma non autoritario) deve stabilire una serie di regole precise ma lasciare ampio spazio ai contenuti e quindi alla possibilità per l’atleta di esprimere la propria originalità, le proprie possibilità al meglio, permettendogli di aumentare, in questo modo, la propria autostima. Allo stesso modo ogni operatore sportivo dovrebbe essere coinvolto in un processo di miglioramento continuo, non solo dal punto di vista professionale e tecnico ma anche in relazione alle sue capacità di stabilire relazioni interpersonali e di leadership efficaci e adeguate alle esigenze delle persone con cui si trova ad operare.
3- Mental Training
Per mettere a punto questi obiettivi, la psicologia dello sport prevede una serie sistematica di interventi da operare sul gruppo o sull’individuo; dopo una prima diagnosi, in cui è messa in evidenza personalità, talento, abilità e stabilità emotiva dell’atleta, possono essere previste diverse modalità d’intervento. Ecco in cosa consiste il mental training.
→ Focusing: focalizzazione dell’attenzione e sviluppo della concentrazione
Con questa terapia viene sviluppata nell’atleta la capacità di focalizzare la propria attenzione sull’evento sportivo al quale sta partecipando, sul compito che deve svolgere nel corso di un determinato momento della gara, sul gesto atletico che deve mettere in pratica; la sua concentrazione deve permettergli di non essere distratto da fattori interni, come pensieri negativi, malumori, motivi personali, ed esterni, come acclamazioni del pubblico, parole degli avversari
→ Goal setting: formulazione degli obiettivi
Pianificare una stagione agonistica o sportiva e gestirne gli obiettivi, ha un’importanza pari alla pratica dell’allenamento vera e propria. La scarsa capacità di definire specifici livelli di abilità da raggiungere in nel rendimento dell’atleta, può compromettere una stagione intera. Con questo metodo gli obiettivi sono suddivisi in sub-obiettivi a breve, medio e lungo termine, mirati al miglioramento graduale della prestazione più che al risultato, e pianificati a seconda della difficoltà.
→ Imagery: abilità immaginativa e allenamento ideomotorio
Tra le tecniche più usate per aumentare la performance degli atleti, l’imagery consiste nel fare in modo che l’atleta immagini di vedere se stesso, dall’esterno, mentre compie la prestazione sportiva, come se stesse guardano un film o un video. Gli atleti vengono progressivamente sollecitati e rappresentare mentalmente una serie di immagini visive, grazie all’uso di stimoli immaginativi polisensoriali che favoriscono coinvolgimento emotivo e cognitivo; inoltre viene favorita e sollecitata l’automazione di alcuni gesti atletici o sequenze d’azione, ai fini di poter "far risparmiare" all’atleta la giusta dose di concentrazione.
La tecnica dell’imagery, preceduta sempre da una breve seduta di rilassamento, è anche utilizzata prima di una gara, ai fini di focalizzare l’attenzione dell’atleta nel contesto in cui si troverà di lì a poco.
→ Arousal: gestione dell’attivazione fisiologica
Il termine arousal usato in psicofisiologia indica l’attivazione fisiologica e comportamentale dell’organismo ai fini di uno sforzo fisico ottimale: quando l’atleta deve compiere una prestazione, il suo organismo deve infatti sviluppare una serie di processi psicologici e fisici che gli garantiscano un risultato ottimale. Gestire lo stato di arousal significa quindi sviluppare il senso della vigilanza e dell’attenzione, accelerare l’attività dei muscoli che si preparano allo sforzo ed il cuore e i polmoni che si preparano al dispendio di energia. Per l’atleta è di fondamentale importanza raggiungere e mantenere il suo livello ottimale di attivazione psicofisiologica in ogni circostanza, allenandosi con delle semplici tecniche di attivazione o disattivazione, secondo le esigenze.
→ Rilassamento, gestione dello stress e comunicazione
La fase di rilassamento dello sportivo, soprattutto in vista di un impegno decisivo o al termine dello stesso, hanno grande importanza; tecniche come il Training Autogeno o il Rilassamento Progressivo di Jacobson, vengono utilizzate per prendere consapevolezza della tensione muscolare a riposo e in attività per gestire situazioni ansiogene o stressanti e sono preparatorie a qualsiasi attività di imagery.
Per quanto riguarda lo stress, sappiamo che sia l’allenatore che gli atleti possono esserne colpiti: si renderà quindi necessario adottare delle strategie per abbassare il livello di ansia, sviluppando l’abilità a controllare e ad utilizzare in modo vantaggioso gli stimoli stressanti L’aspetto comunicativo, infine, dovrà essere costantemente monitorato: oggi gli atleti non vogliono essere esclusi dalla gestione dell’attività sportiva che lo riguardano e la necessità di dialogare e pianificare insieme con allenatori e dirigenti rende tale aspetto da non sottovalutare. Si rivelano di grande utilità incontri di gruppo fra atleti ed allenatore, fra allenatore e dirigenti, fra atleti di una stessa squadra con qualche problema di dialogo fra giocatori.
testo preso dal sito http://www.edusport.it